il museo degli aquiloni

un museo volante itinerante

 

la storia

Il sollevamento umano in Oriente

     Il sollevamento umano in Oriente

 

    Gli aquiloni giganti ci portano verso un altro aspetto della storia degli aquiloni: il sollevamento umano.

     In Cina il sollevamento umano era usato in modo crudele: in una nota del Milione, Marco Polo racconta che "quando una nave deve intraprendere un viaggio, (l'equi­paggio) vuole provare se gli affari andranno bene. I marinai preparano un graticcio di vimini, e ad ogni angolo e lato di questa struttura viene legata una corda, cosi che ci saranno otto corde, che saranno legate per l'altra estremità ad una lunga fune.     

     Fatto questo, cercano un folle o un ubriaco e lo legano al graticcio, perché nessuno che sia in pieno possesso delle sue facoltà mentali si esporrebbe ad un simile pericolo.

     E ciò viene fatto quando soffia un vento forte. Quindi il graticcio viene posto contro vento, il vento lo alza portandolo in cielo, mentre gli uomini si aggrappano alla lunga fune.

     E se, mentre è in aria, il graticcio scende nella direzione del vento, essi tirano la fune verso di sé, cosicché si alza di nuovo, dopodiché essi lasciano un po' di fune e il graticcio vola più in alto.

     E se di nuovo scende, ancora una volta essi tirano la fune finché il graticcio non sale di nuovo e quindi danno an­cora volta alla fune, ed in questo modo salirà cosi in alto da non essere più visibile, se soltanto la fune è lunga abbastanza. Il pronostico viene interpretato cosi: se il graticcio va dritto verso il cielo, la nave per cui è stata fatta la prova avrà un viaggio veloce e favorevole, ed i mercan­ti si riuniranno ed andranno con lei.

     Ma se il graticcio non è stato capace di salire, nessun mercante salirà sulla nave per cui è stata fatta la prova perché, dicono, sarà oppressa da avversità e non finirà il suo viaggio.

     E cosi, per quell'anno, la nave rimarrà in porto".

     Clive Hart, nel suo libro "Kites, an historical survey", a proposito della for­ma dell'aquilone descritto da Marco Polo, dice: "la sua (di Marco Polo) descrizione dell'aquilone sembra perfettamente appropriata per l'altro grande aquilone orientale di proporzioni tali da sollevare un uomo, il wan-wan giap­ponese».

       Anche gli aquiloni giganti giapponesi venivano usati per il sollevamento umano.  

     Abbiamo già ricordato la sto­ria di Minamoto-no-Tametomo che riuscì a far evadere suo figlio dall'isola di Hachijo trasportandolo sulla terraferma per mezzo di un aquilone.

     Un'altra storia racconta di uno Shogun il cui palazzo fu violato da un ladro che riuscì a scavalcarne le mura per mezzo di un aquilone:

     Come conseguenza, lo Shogun proibì la costruzione di aquiloni giganti.

     Un'altra leggenda racconta di un ladro, Ishikawa Goye­mon, che servendosi di un aquilone cercò di staccare le scaglie di un delfino d'oro dalla torre del castello di Na­goya. Il ladro riuscì a rubare le scaglie, ma fu catturato e bollito nell'olio insieme a tutta la sua famiglia.

     Un'esperienza di volo con gli aquiloni è narrata da T. Lobsang Rampa, nel suo libro "II terzo occhio", come vissuta in prima persona durante la sua permanenza in un monastero tibetano: «Ora che il momento era giunto, il volo con gli aquiloni non mi parve davvero una gran cosa. Una stupida idea, pensai. Pericolosa. Che bel modo di troncare una carriera promettente! Preferisco dedicarmi alle preghiere e alle erbe medicinali.

     Poi mi consolai, ma pochissimo, pensando alle predizioni che erano state fatte su di me. Se avessi perduto la vita, gli astrologi si sarebbero ingannati, e non si ingannavano mai fino a quel punto! ... Misi le braccia sull'asta di sostegno - ci arrivavo appena - e dissi: "Sono pronto". Non ero mai stato meno pronto. Il tempo sembrava essersi fermato. Il cavo si tese con angosciante lentezza mentre i cavalli galoppavano. Un lieve tremito nella struttura di legno, poi, di colpo, uno scossone da stordire che, per poco, non mi scaraventò giù ... "Un pessimo decollo nell'astrale!" mi dissi. E, cauto, aprii gli occhi. Lo spavento mi costrinse a chiuderli di nuovo. Mi trovavo in aria, a più di trenta metri d'altezza ... Stando ad occhi aperti, il panorama era cosi superbo che dimenticai il malessere e non ne ho più sofferto dopo di allora! L'aquilone sussultava e si inclinava in avanti, dondolava e saliva, saliva sempre più in alto».


[1] Marco Polo: "The description of the world", Moule and Pelliot, London 1938, voI. I, pp. 356-7.

[2] Clive Hart: "Kites: an historical survey", Appel, New York, 1982, pp. 28-9.

[3] T. Lobsang Rampa: "Il terzo occhio", Mondadori, Milano, 1958, pp. 153-177.